
Per anni il dibattito sul Superbonus si è ridotto a uno scontro ideologico: da una parte chi lo descrive come “la più grande follia di finanza pubblica”, dall’altra chi lo difende a prescindere.
Nel frattempo sono arrivati i dati ufficiali di ENEA, e raccontano una storia diversa: sul piano energetico il Superbonus ha funzionato e pesa in modo decisivo sugli obiettivi che l’Italia si è impegnata a raggiungere in Europa.
- Cosa dice davvero il Rapporto ENEA 2025
Il Rapporto Annuale sull’Efficienza Energetica 2025 fotografa i risultati ottenuti nel 2024.
Il dato chiave è uno: grazie al Superbonus 110% l’Italia ha risparmiato 4,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (4,5 Mtep) in un solo anno, cioè energia pari al consumo annuo di circa 4 milioni di abitazioni e a circa 1 miliardo di euro di bollette evitate.
Per capire l’ordine di grandezza basta confrontare questi numeri con gli altri incentivi:
- Bonus Casa: circa 0,150 Mtep di nuovi risparmi nel 2024
- Ecobonus: circa 0,161 Mtep
- Superbonus/SuperEcobonus: contributo cumulato di circa 1,36 Mtep nel periodo monitorato, con un peso decisivo sul totale
In altre parole: Superbonus da una parte, tutto il resto dall’altra.
Le misure tradizionali crescono, ma restano su un altro pianeta rispetto all’impatto del 110%.
ENEA sottolinea anche che, grazie all’insieme delle politiche di efficienza, il risparmio energetico 2024 monitorato copre circa il 90% dell’obiettivo intermedio fissato dal PNIEC per quell’anno.
- Il paradosso politico: smontare lo strumento che funziona
Mentre i tecnici certificano che il Superbonus è stato una leva potente per tagliare consumi ed emissioni, la politica ha imboccato la direzione opposta:
- il SuperEcobonus viene portato a scadenza entro la fine del 2025;
- le aliquote sono state ridotte e l’accesso progressivamente ristretto;
- il messaggio mediatico dominante è stato: “il Superbonus è solo un buco di bilancio da chiudere il prima possibile”.
Che il tema dei costi e degli abusi esista è evidente.
Ma il punto è un altro: sul piano energetico e climatico i dati ENEA mostrano che il Superbonus ha contribuito in modo determinante al raggiungimento dei target.
Spegnere una misura del genere senza avere già pronto un sostituto equivalente significa indebolire la strategia nazionale proprio mentre l’Europa alza l’asticella.
- Superbonus, efficienza e povertà energetica
C’è poi un aspetto sociale quasi scomparso dal dibattito: la povertà energetica.
Secondo stime recenti, circa il 9% della popolazione italiana – oltre 2,3 milioni di famiglie – si trova in una condizione di povertà energetica, cioè non riesce a sostenere i costi minimi per riscaldare o raffrescare la casa e usare l’energia in modo adeguato.
Il Rapporto ENEA richiama esplicitamente il ruolo delle misure di efficienza, Superbonus compreso, nel ridurre il peso delle bollette sulle famiglie vulnerabili e nel garantire un accesso più equo all’energia.
Ogni volta che interveniamo sul patrimonio edilizio con criteri seri di efficienza:
- abbassiamo il fabbisogno energetico strutturalmente;
- tagliamo le bollette per anni, non solo per un inverno;
- riduciamo la quota di famiglie costrette a scegliere tra riscaldamento, cibo e altre spese essenziali.
Smontare il principale strumento di riqualificazione senza avere un piano alternativo chiaro significa accettare che quella quota di popolazione resti intrappolata in una povertà energetica cronica.
- L’Europa non aspetta: PNIEC, Governance e RED III
L’Italia non decide nel vuoto, ma dentro un quadro europeo preciso, fondato su due pilastri principali.
Primo: il Regolamento europeo sulla governance dell’Unione dell’energia, che impone a ogni Stato membro di predisporre e aggiornare un Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) con obiettivi e misure fino al 2030.
Per l’efficienza energetica, il PNIEC italiano stima un fabbisogno di riduzione dei consumi finali di circa 0,93–0,94 Mtep l’anno nel periodo 2021-2030, pari a oltre 9 Mtep di risparmi annui al 2030.
Secondo: la nuova direttiva europea sulle energie rinnovabili, la cosiddetta RED III, che alza l’obiettivo di quota rinnovabili almeno al 42,5% entro il 2030, con la possibilità di arrivare al 45%, e prevede che entro il 31 dicembre 2025 ogni Stato membro istituisca almeno un quadro di cooperazione per progetti comuni di produzione da fonti rinnovabili con un altro Stato dell’Unione.
Questa scadenza del 31 dicembre 2025 non è un dettaglio tecnico: significa che entro quella data l’Italia deve presentarsi a Bruxelles con politiche e strumenti credibili per far crescere le rinnovabili e, parallelamente, dimostrare che sta mettendo in campo misure sufficienti a centrare i target di efficienza del PNIEC.
Un sistema di incentivi edilizi debole, frammentato e instabile rende molto più difficile rispettare questi impegni.
- Cosa rischiamo senza un “dopo Superbonus”
Se lo smantellamento progressivo del Superbonus non viene accompagnato da:
- un nuovo quadro pluriennale chiaro per la riqualificazione profonda degli edifici;
- una forte integrazione con strumenti come comunità energetiche, Conto Termico, certificati bianchi e programmi dedicati ai Comuni;
- una strategia specifica per le famiglie in povertà energetica,
i rischi sono evidenti.
Primo: ritardo strutturale sugli obiettivi del PNIEC.
Senza misure “pesanti” di efficienza nel residenziale è difficile arrivare ai circa 9 Mtep annui di risparmi richiesti al 2030.
Secondo: aumento della povertà energetica.
In assenza di programmi mirati, la fine del Superbonus sottrae proprio a quelle famiglie la possibilità di uscire dalla spirale delle bollette insostenibili.
Terzo: perdita di filiera industriale.
Il settore delle costruzioni e delle tecnologie per l’efficienza ha investito in competenze, impianti, occupazione. Una frenata brusca e non governata rischia di bruciare un pezzo di filiera che comunque servirà per centrare gli obiettivi europei.
Quarto: maggiore dipendenza dalle importazioni energetiche.
Meno efficienza e meno rinnovabili significano più combustibili fossili importati, in netto contrasto con il percorso disegnato dal Green Deal e dal pacchetto “Fit for 55”.
- Le domande da porre alla politica, ora
Alla luce di questi elementi, la vera discussione non dovrebbe essere “Superbonus sì o no”, ma:
- Qual è il piano italiano di medio-lungo periodo per l’efficienza degli edifici?
Esiste un pacchetto di misure che, nel loro insieme, valga quanto o più del Superbonus in termini di risparmi energetici? - Come si intende affrontare la povertà energetica?
Sono previsti incentivi, fondi o programmi strutturali che mettano al centro le famiglie vulnerabili e i piccoli Comuni, non solo chi ha già capacità di investimento? - In che modo gli incentivi nazionali si collegano alle richieste della RED III e al PNIEC aggiornato?
Il quadro che l’Italia dovrà presentare entro il 31 dicembre 2025 sarà all’altezza degli obiettivi europei o sarà l’ennesimo compromesso al ribasso?
Conclusione: un bivio, non una parentesi
I numeri di ENEA sono chiari: il Superbonus, con tutti i suoi difetti, ha prodotto risultati energetici che nessun’altra misura ha finora eguagliato.
La sua fine non può essere trattata come la chiusura di una parentesi ingombrante, ma come un bivio strategico:
- o l’Italia usa questa fase per costruire un sistema di incentivi più intelligente, più equo e più stabile, capace di coniugare efficienza, rinnovabili, comunità energetiche e lotta alla povertà energetica;
- oppure arriverà al 2030 in ritardo sugli obiettivi, con un patrimonio edilizio ancora energivoro e milioni di famiglie ostaggio delle bollette.
Entro il 31 dicembre 2025 questo bivio dovrà tradursi in scelte scritte nero su bianco nei documenti ufficiali inviati a Bruxelles.
La domanda, oggi, è semplice: vogliamo farci trascinare dagli obblighi europei o vogliamo guidare, da protagonisti, la transizione energetica del Paese?
by sdm
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